Rapaci urbani: fotografare la natura nel cuore delle città

di Andrea Poggi


Era una tiepida notte di fine maggio, Via dei Fori Imperiali era nel pieno dei preparativi per la parata della Festa della Repubblica, che si sarebbe svolta pochi giorni dopo. Ovunque c’erano impalcature e i mezzi impiegati facevano un gran rumore. All’improvviso, tra il frastuono dei preparativi e il grido cacofonico dei gabbiani, mi parve di sentire un verso. Era così lontano e flebile che pensai di averlo immaginato. Dopo qualche secondo, eccolo di nuovo, stavolta più forte, poi ancora di nuovo. Si stava avvicinando. Divenne sempre più regolare. A quel punto non avevo più dubbi: era una civetta. Mi fermai e cercai di capire da dove provenisse quel suono, ma non avendo l’attrezzatura con me non riuscii ad individuare il rapace. Decisi quindi di tornare la sera successiva, munito di binocolo, teleobiettivo e cavalletto.

Mi posizionai nello stesso punto della sera precedente, e dopo circa mezz’ora di attesa, quando l’orologio segnava le dieci in punto, eccola di nuovo con il suo canto; presi il binocolo ed iniziai ad osservare. Finalmente eccola lì, posata sopra una grondaia. Riuscivo a vedere a malapena i suoi occhi luminosi e la sua gola che si gonfiava ad ogni nota emessa. Così montai il mio 200-600 sul treppiede e lo puntai verso la grondaia. Impostai un tempo di scatto lungo, circa 5 secondi, ed eccola apparire sullo schermo della mia fotocamera. Ora riuscivo a vederla chiaramente. Notai che spesso rimaneva ferma per qualche secondo, quindi provai a scattare mantenendo quel tempo di esposizione. I primi risultati non furono soddisfacenti, ma finalmente, dopo alcuni tentativi vani, riuscii ad ottenere una foto nitida e con un’ottima luce, grazie anche all’illuminazione artificiale presente in quella zona. Mi chiesi quante persone si fossero accorte di quella civetta. Probabilmente ero l’unico, ed ero riuscito a scattare la mia prima foto di questo misterioso rapace a Roma.

Civetta ai Fori Imperiali, Roma.
600mm, 5 sec, f/6.3, ISO 800 (Andrea Poggi ©)
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Essere un fotografo naturalista che vive in una grande città come Roma ti costringe ad adattarti a situazioni e contesti particolari. Essere un appassionato di rapaci rende il tutto ancora più interessante e stimolante. Le città, contrariamente a ciò che alcune persone pensano, offrono molteplici possibilità per fotografare rapaci; infatti, l’ambiente cittadino è favorevole alla presenza di varie specie. Le alte strutture che troviamo nei centri abitati sono perfetti posatoi per i falchi pellegrini (Falco peregrinus), ottimi punti di osservazione da cui partire per cacciare le loro prede, specialmente piccioni e storni, grazie alla loro proverbiale velocità. Antiche rovine o palazzi storici offrono rifugi ideali per piccoli rapaci come gheppi (Falco tinnunculus) e civette (Athene noctua). Le nicchie e le fessure diventano nidi sicuri, invisibili agli occhi frettolosi della metropoli. I parchi cittadini, infine, costituiscono un territorio ideale per gli allocchi (Strix aluco), pronti a muoversi silenziosi nel cuore della notte.

Conoscere la biologia delle specie che si vuole fotografare è sicuramente uno dei primi elementi da considerare per ottenere degli scatti interessanti. Ad esempio, i falchi pellegrini saranno più attivi, e anche più rumorosi, durante il periodo degli accoppiamenti, che va da febbraio ai primi di marzo. Oppure in inverno sarà più facile vederli cacciare durante il tramonto, sopra i cieli delle nostre città, nuvole danzanti di storni al rientro dalle campagne. In alcune città del Sud Italia il periodo dell’anno è il fattore fondamentale: esempio tra tutte Matera, dove in primavera ed estate centinaia di piccoli falchi, i grillai (Falco naumanni), nidificano proprio nel centro cittadino, offrendo la possibilità di immortalare momenti particolari come il corteggiamento o la nascita e la crescita dei pulli.

Falchi pellegrini in accoppiamento sopra i tetti della città, Roma.
600mm, 1/2500 sec, f/6.3, ISO 800
(Andrea Poggi ©).
Un falco pellegrino attacca uno stormo di storni, Roma.
341mm, 1/640 sec, f/6.3, ISO 800 (Andrea Poggi ©).
Falchi grillai, il maschio (dx) dono una preda (una scolopendra) alla femmina (sx), Matera.
600mm, 1/1600 sec, f/6.3, ISO 640 (Andrea Poggi ©).

A mio parere uno degli aspetti più interessanti nella fotografia dei rapaci urbani è quello di riuscire ad integrare armoniosamente gli elementi architettonici e artificiali nelle composizioni fotografiche, in modo da trasmettere visivamente il forte legame che c’è tra il soggetto e il contesto urbano che lo ospita. Le città sono ricche di linee verticali e orizzontali che, se sfruttate con attenzione, possono trasformare un’immagine piatta in una scena più interessante. Grattacieli, ponti edifici storici e persino vecchie strutture industriali, si prestano perfettamente per incorniciare i rapaci in volo o in posa. Le linee architettoniche guidano lo sguardo dello spettatore verso il soggetto, esaltandone la presenza. Infine, sono del parere che inserire elementi storici o culturali alle foto aggiunge ulteriore valore all’immagine. Fotografare un rapace sulla cupola di una chiesa o su delle rovine antiche, fa sì che il rapace non sia solo il protagonista, ma parte integrante di una scena più ampia, in cui la bellezza dell’architettura esalta quella dell’animale e viceversa.

Una coppia di grillai si riposa su una vecchia persiana di una casa nei Sassi di Matera.
600mm, 1/400 sec, f/6.3, ISO 1250 (Andrea Poggi ©).
Falco pellegrino “incorniciato” dallo scheletro del Gazometro, Roma.
600mm, 1/2500 sec, f/8, ISO 800 (Andrea Poggi ©).
Una coppia di falchi pellegrini in cima alla cupola della Chiesa dei Santi Luca e Martina Martiri, Roma
600mm, 1/80 sec, f/6.3, ISO 100 (Andrea Poggi ©).

Quando si fotografano rapaci urbani, un teleobiettivo con lunghezza focale superiore ai 300mm è indispensabile, viste le distanze e le altezze elevate in cui spesso si trovano i soggetti. Un buon cavalletto può essere utile per fotografare rapaci diurni come falchi e gheppi, ma diventa necessario per ritrarre i rapaci notturni.

Se in natura ci si deve spesso nascondere sotto teli mimetici per non allertare gli animali, in città tutto ciò diventa superfluo. I rapaci urbani, infatti, sono abituati alla costante presenza umana e al frastuono della vita cittadina. Tuttavia, il rispetto rimane fondamentale: è importante mantenere la giusta distanza per non disturbare gli animali, soprattutto in momenti delicati quali la nidificazione o la caccia. Le tecniche di scatto possono variare molto in base alla specie che si vuole ritrarre e alle condizioni di luce in cui ci si trova. Per la fotografia di rapaci notturni, solitamente ci si trova a scattare durante le prime ore dell’alba, al tramonto, o addirittura in piena notte. In questi momenti, le condizioni di scarsa luminosità richiedono tempi di esposizione lunghi, che possono variare da frazioni di secondo fino a diversi secondi, a seconda della situazione. Questo approccio è possibile grazie al fatto che rapaci notturni come allocchi e civette, se posati, possono rimanere praticamente immobili per alcuni secondi, permettendoci di ottenere degli scatti nitidi e al tempo stesso ben illuminati, riducendo dove possibile il rumore digitale dovuto agli alti ISO

Un allocco al tramonto a Villa Borghese, Roma.
582mm, 1/4 sec, f/6.3, ISO 160 (Andrea Poggi ©).

Al contrario, per i rapaci diurni, la fotografia avviene principalmente in pieno giorno, quando la luce è abbondante. In questo caso, si prediligono tempi di scatto brevi per riuscire a congelare il movimento dei soggetti, specialmente se in volo. Tempi di scatto inferiori a 1/1600s sono necessari per ottenere un’immagine nitida e senza sfocature. Se posati, invece, possiamo utilizzare dei tempi di scatto più lunghi, magari aiutandoci con un cavalletto per gestire al meglio la composizione.

Falco pellegrino in volo, Roma.
600mm, 1/2500 sec, f/6.3, ISO 400 (Andrea Poggi ©).

In condizioni di scarsa luminosità, come al crepuscolo, possiamo sfruttare a nostro favore questa condizione per ottenere effetti particolari, per esempio con l’utilizzo del panning. Questa tecnica consiste nel seguire il movimento del soggetto con la fotocamera, impostando un tempo di scatto più lento. Il risultato si traduce nell’ottenere il soggetto più o meno nitido, mentre lo sfondo appare sfocato, conferendo un grande senso di dinamismo all’immagine.

Falco grillaio ripreso con la tecnica del panning, Matera.
600mm, 1/20 sec, f/6.3, ISO 100 (Andrea Poggi ©).

Quindi se anche voi siete fotografi cittadini come me, non scoraggiatevi, anzi, prendete la macchina fotografica e iniziate a sperimentare: tecniche, forme e colori diversi. La città offre molte più opportunità di quello che ci si può aspettare, e spesso, almeno per me, ha saputo regalarmi soddisfazioni che non sono riuscito a trovare altrove.

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