Un diamante tra le canne: il pollo sultano in Sardegna

di Nicola Zara e Marco Corda


Tutto ebbe inizio in un pomeriggio di fine primavera quando, durante una delle mie uscite in natura, armato di binocolo e diario di campo, mi imbattei in un piccolo stagnetto tappezzato in buona parte dal giacinto d’acqua, pianta acquatica originaria del grande bacino del Rio delle Amazzoni e che fino a quel momento non avevo mai osservato direttamente. Rimasi immediatamente colpito dalla ricca e inaspettata biodiversità di quel piccolo e insolito ecosistema. Una coppia di aironi rossi, con le loro grida rauche e sgraziate che poco si addicono ad un aspetto così elegante, danzava leggiadra sull’acqua, famiglie di germani reali e folaghe nuotavano all’ombra di fittissimi canneti, mentre decine di imprendibili rondini slalomeggiavano tra la fitta vegetazione ripariale in cerca di succulenti insettini. La mia attenzione venne però catturata da alcune piccole e inconfondibili sagome color zaffiro che, come pietre preziose, brillavano in lontananza tra le carnose foglie del giacinto. Le lenti del binocolo confermarono i miei sospetti, erano polli sultani, signori indiscussi degli ecosistemi umidi sardi e protagonisti di questa storia.

Estasiato, chiamai immediatamente Marco, caro amico e compagno di tante avventure. Da diverso tempo, infatti, stavamo raccogliendo materiale con l’intenzione di realizzare un progetto fotografico sull’enigmatico pollo sultano. La possibilità, arrivata quasi per caso, di riprenderlo anche in un contesto unico come questo era la classica ciliegina sulla torta di cui avevamo bisogno per concludere il nostro lavoro e impreziosirlo con immagini scattate in un ambiente assolutamente inedito.

I primi fievoli raggi di luce di una fresca giornata di fine primavera rivelano un pollo sultano a pochi metri dal capanno. Da notare la caratteristica placca frontale color rubino (Foto di N. Zara)

Alla scoperta del mitico pollo sultano: biologia, etologia e cenni storici

Il pollo sultano, per via della sua innegabile bellezza, vanta un passato illustre tanto da essere citato e raffigurato in numerose fonti letterarie e iconografiche di varie epoche. Basti pensare che, in uno dei mosaici imperiali di S. Vitale a Ravenna, una delle dame di corte raffigurate, Giovanna figlia di Belisario, famigerato generale di Giustiniano, esibiva nella sua elegante veste dei delicati ricami raffiguranti uccelli blu zaffiro dal becco scarlatto, polli sultani appunto. Lo doveva conoscere molto bene lo scrittore e naturalista Plinio il Vecchio che, nel suo monumentale trattato naturalistico Naturalis historia, ne riportava informazioni scientifiche molto accurate e dettagliate. Senza però scomodare illustri figure del passato, vediamo di raccontarlo a modo nostro e conoscerlo meglio.

Osservato da vicino, questo splendido animale appartenente alla famiglia dei Rallidi, appare come un uccello corpulento e dall’aspetto esotico. Indossa un piumaggio di base color blu elettrico, più scuro e con riflessi tendenti al viola sul dorso e sul capo, più azzurro nel petto e nell’addome. Le piume del basso ventre e le sottocaudali invece sono bianche. Questo sfarzoso abito ben si sposa con becco e zampe di un accesissimo rosso corallino, da qui il nome scientifico Porphyrio porphyrio che significa appunto “porpora”. Il becco, corto e robusto, è adornato da una grossa placca frontale color rubino, caratteristica che lo accumuna con altri rallidi come la folaga e la più piccola gallinella d’acqua. Le zampe, forti ed estremamente allungate, sono dotate di lunghe dita armate di artigli aguzzi e, durante i brevi spostamenti in volo, vengono spesso tenute a penzoloni. Questi arti, così sproporzionati rispetto al corpo, hanno una duplice funzione, consentono all’animale di portare il cibo al becco, prerogativa di pochissime altre specie ornitiche, e di muoversi e arrampicarsi agilmente tra la folta vegetazione. Gli immaturi si riconoscono con facilità per il piumaggio meno appariscente, con tonalità che virano dal grigio al bluastro. Le zampe dei giovani, rispetto a quelle degli adulti, sono più rosate e pallide, il becco e la placca frontale, invece, sono nero ossidiana.

Il pollo sultano mostra uno scarso dimorfismo sessuale, i due sessi, infatti, sono riconoscibili dalle dimensioni, con il maschio leggermente più grande della femmina. Si riproduce tutto l’anno con due “picchi” di deposizioni: uno tra marzo e maggio e uno tra dicembre e gennaio. La femmina depone dalle tre alle quattro uova in un nido piccolo e mimetico costruito tra l’intrico della vegetazione. L’incubazione dura circa venticinque giorni e, in questo lasso di tempo, maschio e femmina si alternano quotidianamente nella cova. I pulcini sono nidifughi e già dalla seconda settimana di vita riescono ad alimentarsi da soli. Il pollo sultano sembra avere la tendenza a formare nuclei riproduttivi allargati. La fase di allevamento della prole può essere effettuata, a seconda delle condizioni ambientali e della struttura della popolazione, da singole coppie, da gruppi poligami di adulti tutti impegnati nella riproduzione o da gruppi poligami con soggetti che ancora non si riproducono. Inoltre, possono essere coinvolti come helper i giovani nati nelle covate precedenti. La maturità sessuale, per entrambi i sessi, viene raggiunta ad un anno di età ma, di norma, la riproduzione avviene solo quando gli individui hanno raggiunto uno status sociale elevato, a circa tre anni. Nel caso di piccole popolazioni a basa densità, la riproduzione può avvenire anche prima dei tre anni. La particolare struttura sociale dei nuclei riproduttivi sembra favorire un elevato livello di inbreeding ovvero l’incrocio fra individui consanguinei. Questo fenomeno può causare diverse condizioni sfavorevoli nella progenie, come la riduzione della variabilità genetica e l’espressione di caratteri genetici sfavorevoli.

Sfruttando le forti zampe prensili, un esemplare di adulto si sposta in bilico su una sottile canna come un funambolo (Foto di M. Corda)

Specie onnivora e opportunista, il pollo sultano presenta un ampio spettro alimentare che comprende vegetali di vario tipo (germogli, foglie, radici, bulbi, rizomi, fiori e semi) ma anche insetti, pesci, anfibi, rettili e micromammiferi. Il pollo sultano non disdegna nemmeno altre specie di uccelli, ed è stato osservato più volte nutrirsi di pulli e soprattutto di uova di altre specie di uccelli palustri. La vegetazione acquatica, secondo diversi studi e anche per quanto da noi osservato, rappresenta comunque la risorsa alimentare più importante. Ricerca il cibo camminando lentamente, mordendo le piante più basse ed estirpando con il robusto becco quelle più alte. Quest’ultimo viene utilizzato anche per spostare le pietre e il terreno fangoso alla ricerca di invertebrati.

Attualmente la popolazione italiana di questo magnifico uccello è confinata nelle due isole maggiori, Sardegna e Sicilia. In Sardegna, dove è presente l’unica popolazione autoctona di tutta Italia, “Su cabòni de abba” letteralmente tradotto “il gallo d’acqua” ebbe la sua massima distribuzione nella seconda metà del XIX secolo, quando approssimativamente dovevano essere presenti tra 1.000 e 1.500 coppie. Tuttavia, a partire dalla fine dell’Ottocento, in seguito a importanti interventi di bonifica su tutta l’isola, si è verificato un progressivo declino della popolazione. Le campagne antimalariche condotte al termine del secondo grande conflitto mondiale che videro il massiccio impiego di DDT (Dicloro-Difenil-Tricloroetano), assieme ad una incontrollata pressione venatoria, hanno portato ad un ulteriore sensibile declino della popolazione, arrivando a meno di 300 coppie stimate, negli anni ’60. Un significativo aumento demografico si è verificato solo a partire dagli anni ’70, a seguito della protezione legale della specie e dell’istituzione di alcune importanti aree protette. Alla fine degli anni ‘90 sono state stimate tra le 450 e le 650 coppie. Attualmente la popolazione gode di buona salute e sembra essere stabile su questi numeri, con leggere fluttuazioni.

Il suo areale è caratterizzato da forte frammentazione, e la sua presenza è strettamente legata agli ecosistemi palustri contraddistinti dalla presenza di fitta vegetazione ripariale (canneti, giuncheti). Occupa stabilmente zone umide interne e costiere, laghi, invasi artificiali, paludi, stagni anche temporanei, canali di bonifica e di irrigazione, impianti di fitodepurazione, aste fluviali. Preferisce acque ferme o a debole deflusso. In Sardegna, i biotopi maggiormente importanti per la specie sono rappresentati dalle zone umide della Penisola del Sinis e del Golfo di Oristano, nella Sardegna Occidentale, dalle zone umide attorno a Cagliari e da quelle del Sulcis-Iglesiente, nella Sardegna sud-occidentale.

Durante un’alba eterea un pollo sultano esce allo scoperto nella palude del Parco Naturale Regionale di Molentargius (Foto di M. Corda)

Una sfida avvincente: la studio e la costruzione dei capanni fotografici

Immortalare come si deve un pollo sultano non è affatto facile: schivo ed elusivo, trascorre la maggior parte delle sue giornate nascosto tra i canneti e la vegetazione più fitta, lontano dai predatori e dagli occhi indiscreti, anche dei fotografi. Come prima cosa, nei diversi siti teatro del nostro lavoro, accompagnati dagli instancabili binocoli e dai fidati quaderni di campo, abbiamo preso nota, con cura maniacale, delle abitudini e dei comportamenti del nostro amico blu. Successivamente, dopo un attento studio del territorio, abbiamo realizzato, in diversi punti strategici, dei piccoli e angusti capanni utilizzando come intelaiatura canne, rami e vecchi trochi trovati sul posto e dei teli fogliati come copertura in modo da poter riprendere il sultano e la restante avifauna, come spettatori invisibili. Una fotografia, ricordiamolo, non vale il disturbo dell’animale. Per rigida etica professionale abbiamo deciso di non costruire nessun capanno in prossimità dei diversi siti di nidificazione individuati, lasciando alle diverse coppie la dovuta intimità durante momenti delicati come la cova e l’allevamento della prole.

Dal diario di campo, Giugno 2024

L’estate è alle porte, io e al mio amico Marco siamo in capanno da prima dell’alba e, accompagnati da una tazza di caffè, aspettiamo in religioso silenzio il sorgere del sole. Lentamente, con i primi flebili raggi di luce del giorno, inizia a delinearsi l’immagine di uno specchio d’acqua circondato da un impenetrabile e labirintico canneto, ricoperto per larghi tratti da un fittissimo tappetto di giacinto d’acqua. Ecco l’habitat ideale del raro e sfuggente pollo sultano.

A pochi passi dal nostro scomodo nascondiglio, ricavato tra le canne, sentiamo il melodico canto dell’usignolo di fiume, in lontananza un falco di palude, instancabile predone delle zone umide, con il suo volo lento e sfarfallante setaccia meticolosamente il canneto, come un lampo, un coloratissimo martin pescatore, con il suo volo frenetico sfreccia a pochi metri dai nostri teleobbiettivi. Proprio mentre seguivamo il volo della piccola saetta azzurra qualcosa attira la nostra attenzione, un verso stridulo, metallico, inconfondibile. Dopo qualche minuto, attraverso una piccola feritoia incisa nel telo fogliato, individuiamo una coppia di polli sultani aggrappati ad un gruppo di grosse canne a circa venti metri da noi; sono ancora troppo lontani e poco visibili per realizzare qualche buono scatto, non ci resta che aspettare, osservare e confidare nella buona realizzazione del nostro capanno.

Il tempo scorre lentamente, le temperature sono proibitive, gli insetti non ci danno tregua insinuandosi negli spifferi del nostro rudimentale nascondiglio ben lontano dalle opere di architettura e ingegno che realizziamo per i ben più diffidenti e astuti rapaci. Improvvisamente un pollo sultano, sgusciando silenziosamente tra le canne, esce allo scoperto e si avvicina lentamente a noi sfilando sulla lunga passerella di giacinto.

Giunto ad una decina di metri dalla nostra postazione, con il suo poderoso becco, estrae dal terreno limaccioso un grosso tubero poi, con una delle sue possenti zampe, lo afferra e inizia a consumarlo. Marco, come di consueto, realizza diversi scatti e prende minuziosamente nota nel nostro diario di campo, io realizzo un breve filmato.

La giornata in compagnia dei Sultani, che per diverse ore hanno sostato davanti al nostro capanno, vola veloce come un’aquila, insuperabile maestra del vento e, senza quasi accorgercene, il sole è ormai sulla via del tramonto. Abbiamo osservato, da spettatori invisibili e silenziosi, un piccolo frammento di vita di questo misterioso e affascinante animale, vera perla ornitologica delle zone umide sarde. Stanchi ma soddisfatti, quando le ultime fievoli luci lasciano spazio alle tenebre, ritiriamo l’attrezzatura fotografia e abbandoniamo la nostra postazione. Una volta fuori dal piccolo capanno, con i muscoli intorpiditi, carichiamo gli zaini in spalla e ci allontaniamo lentamente con la testa già proiettata alla prossima avventura.

Coppia di polli sultani in un piccolo isolotto intenta ad alimentarsi di nuovi germogli (Foto di M. Corda)

Minacce attuali e fattori limitanti per il pollo sultano in Sardegna

Interventi di bonifica e frammentazione degli habitat

Durante il XX secolo, il pollo sultano ha risentito dei massicci interventi di bonifica realizzati su tutta l’isola. Numerose zone umide che ospitavano popolazioni di questo uccello vennero completamente cancellate e trasformate in aree agricole, altre furono invece teatro della costruzione di insediamenti turistici e residenziali. Gli effetti furono devastanti e portarono ad una significativa distruzione di numerosi siti riproduttivi e di alimentazione nonché di zone umide salmastre o aree temporaneamente allagate che potevano svolgere un ruolo fondamentale durante la dispersione dei giovani individui. La frammentazione degli ecosistemi palustri, vista la spiccata stanzialità del pollo sultano e la sua già scarsa capacità di colonizzare nuovi siti, ha inoltre contribuito ad un maggiore isolamento tra le diverse popolazioni, bloccando lo scambio di individui tra le principali aree di riproduzione e di conseguenza il flusso genico. Oggi gli interventi di bonifica su larga scala non vengono più realizzati, tuttavia, la scomparsa di questi habitat può ancora verificarsi localmente, soprattutto in corrispondenza di zone umide minori e di aree soggette a esondazioni stagionali. La loro conservazione e tutela risulta fondamentale. Negli ultimi decenni la creazione di invasi artificiali a scopo irriguo, di impianti di fitodepurazione e di canali di irrigazione ha compensato in minima parte la perdita degli ambienti naturali idonei per la riproduzione.

Il folto canneto rappresenta l’habitat ideale del pollo sultano (Foto di M. Corda)
Incendi, pesticidi e altri agenti inquinanti

Il degrado degli ecosistemi umidi è legato anche agli incendi che ogni anno divampano in modo incontrollato anche in queste aree. Il frequente passaggio del fuoco, soprattutto su superfici estese, ha ripercussioni negative sulle popolazioni di questo uccello. Le fiamme, infatti, devastano la vegetazione ripariale utilizzata dal pollo sultano come rifugio. Questo uccello sembra essere particolarmente sensibile anche all’inquinamento delle acque e della vegetazione palustre. I prodotti fitosanitari utilizzati in ambito agricolo, ad esempio, vengono assorbiti e accumulati nei tessuti di numerose piante acquatiche che costituiscono una parte importante della sua alimentazione. Tra queste citiamo soprattutto la tifa (Typha latifolia) che sembra avere una spiccata tendenza ad assimilare e immagazzinare elevati quantitativi di metalli pesanti ed altre sostanze tossiche.

Caccia, bracconaggio e avvelenamento da piombo

L’attività venatoria, nel secolo scorso, è stata senza ombra di dubbio una delle principali cause del declino di questo uccello su gran parte del territorio europeo. In Italia il prelievo venatorio ha avuto un ruolo chiave nell’estinzione della popolazione sicula così come nel crollo demografico osservato in Sardegna soprattutto nel periodo a cavallo tra il 1940 e il 1960. Il pollo sultano, infatti, per via delle sue abitudini e della sua stanzialità, è sempre stato estremamente vulnerabile alla caccia, soprattutto se esercitata con i cani. Attualmente è estremamente difficile valutare l’incidenza del bracconaggio sulle popolazioni presenti in Sardegna ma non si esclude che, soprattutto in aree particolarmente isolate e non oggetto di tutela, qualche esemplare possa ancora essere vittima dei fucili. Anche l’avvelenamento da piombo, il saturnismo, può rappresentare un rischio indiretto non trascurabile nelle aree dove viene praticata la caccia agli uccelli acquatici. Per la Sardegna, tuttavia, non si hanno dati che possano consentire di valutare l’incidenza del fenomeno.

Diffusione di specie alloctone invasive

La diffusione, nell’ultimo decennio, del Visone americano (Mustela vison) e soprattutto della Nutria (Myocastor coypus) negli ecosistemi umidi rappresenta un serio problema per la conservazione del pollo sultano. Quest’ultimo può risentire negativamente sia dell’impoverimento della vegetazione riparia causate dalla nutria, sia della predazione diretta, soprattutto sui nidiacei, esercitata dal visone americano.

Disturbo antropico

Diverse attività umane possono avere un impatto negativo sul successo riproduttivo o sulla sopravvivenza degli individui. In Sardegna, in casi specifici, il frequente passaggio di pescatori e imbarcazioni da pesca all’interno delle zone umide può avere delle forti ripercussioni durante il periodo di nidificazione e, in alcune circostanze, può portare addirittura all’abbandono delle covate. Sono tristemente noti diversi casi di soggetti feriti o addirittura deceduti per essere rimasti impigliati in reti da pesca o lenze. Con l’arrivo della bella stagione, la forte concentrazione di turisti che si viene a creare lungo alcuni tratti di fascia costiera della nostra isola può esser fonte di disturbo per il pollo sultano, soprattutto per le popolazioni presenti in zone umide costiere situate in prossimità di insediamenti turistici e di spiagge. L’abitudine dei proprietari di cani di lasciare i propri animali senza guinzaglio è un altro fattore da non sottovalutare.

Considerazioni e conclusioni finali

Scrivere e raccontare ciò che ogni giorno abbiamo la fortuna di vivere è ormai la nostra missione. Riteniamo sia fondamentale portare avanti delle capillari campagne di sensibilizzazione e propaganda naturalistica cercando di condividere con il grande pubblico le stesse emozioni che viviamo in maniera diretta sul campo. L’incontro con il pollo sultano regala sempre grandi emozioni. Per chi volesse cimentarsi all’osservazione di questa perla ornitologica consigliamo prima di tutto un buon binocolo, è fondamentale avere un’infinta dose di rispetto per l’ecosistema che si va a visitare e per i suoi schivi e delicati abitanti; ma se si avrà la pazienza di aspettare in silenzio seduti immobili ai margini di una palude, se l’attenzione verrà catturata da un improvviso squillo trombettante tra l’intrico dei giuncheti, se l’occhio attento verrà attirato da un lampo sfavillante color zaffiro, allora si potrà avere il grande privilegio di aver scoperto un tesoro di inestimabile bellezza e rarità: un diamante tra le canne.

La “sfilata” del pollo sultano tra le carnose foglie del giacinto d’acqua (Foto di N. Zara)

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