A tu per tu con l’istrice: intervista a Emiliano Mori

di Pietro Montemurro

Ma tu sei sempre stata qui?

Un territorio non ha una biodiversità fissa. La scenografia dei suoi ecosistemi era diversa in passato e sta cambiando nel presente; le specie che lo abitano sono in affitto più o meno a lungo termine e ciascun individuo si ritrova un patrimonio genetico che lo rende unico nel suo genere.

Percorrere un sentiero di montagna, esplorare una foresta o attraversare una campagna significa muoversi in un sistema dinamico, un tapis roulant sul quale corrono tutti e chi non lo fa scivola via.

E’ chiaro come ogni essere vivente, o traccia di esso, ci racconti una variegata storia di cambiamento; l’istrice in Italia non è da meno!

In queste righe approfondiremo alcune curiosità della biologia e delle origini dell’istrice prendendo spunto dalle domande poste al biologo conservazionista Emiliano Mori, che studia questo animale da diversi anni.

Distribuzione attuale dell’istrice (Hystrix cristata Linnaeus, 1758)

L’istrice non possiede soltanto un’ecologia affascinante e ricca di curiosità ma nasconde anche un passato frammentato piuttosto complesso da ricostruire. Se non ci fosse qualcuno che si prendesse la briga di raccontare le sue vicende in breve tempo queste svanirebbero, perdendosi tra i sentieri di tutta la penisola.

L’Italia è estremamente ricca di biodiversità, con il più alto numero e la maggior densità di specie, sia animali che vegetali, all’interno dell’Unione Europea. Circondati da così tante specie, stretti in questa folla di piante ed animali, è difficile che a qualcuno venga l’idea di puntare il dito proprio contro l’istrice per domandargli: “Ma tu sei sempre stato qui?”.

Questa specie appartiene radicalmente alla memoria dei nostri nonni e nella maggior parte delle regioni del centro e sud Italia è naturale immaginarsi che sia sempre vissuto qui, insieme alle montagne che lo circondano. Abbiamo detto però che in natura tutto scorre, cambia, quindi non lasciamoci ingannare!

Partiamo subito con le rassicurazioni: non abbiamo risposte certe!

Possiamo comunque dire che l’ipotesi maggiormente sostenuta dalla comunità scientifica sia quella di un’introduzione dell’istrice in un antico passato. Si presuppone infatti che sia stata importato dal Nord Africa come animale da selvaggina.

Studi piuttosto recenti collocano questo evento dopo l’alto medioevo (la testimonianza più antica risale al 560-720 d.C.; S. Giovanni di Ruoti, Potenza, Basilicata), quando aumentarono i commerci tra il Nord Africa, la Penisola italiana e la Sicilia.

Attualmente questa sembra essere la ricostruzione più plausibile: l’istrice non è sempre stato qui! Non è un vecchio mobile venduto con tutto l’appartamento, bensì arrivato un bel giorno, insieme a noi; non riusciamo a ricordarci quando e come, anche se nel tempo, e grazie a qualche indizio, un’idea ce la siamo fatta.

Famiglia di istrici (Hystrix cristata) al tramonto in pianura emiliana. Foto di Alessandro Barbieri ©

Parlando dell’istrice con il Dott. Emiliano Mori

Dopo aver analizzato le prime trame della storia dell’istrice in Italia chiamiamo in causa il biologo dott. E.Mori con qualche domanda.

Perché l’istrice in Italia è una specie protetta?

In Italia, la legge 157/1992 classifica l’istrice come specie non cacciabile e ne vieta la detenzione. La popolazione di istrice in Italia è inoltre unica in Europa, pertanto è tutelata dalle leggi comunitarie. E’ stato messo sotto protezione prima che iniziasse l’espansione, già dagli anni ’70, quando era presente solo a sud dell’Arno. In quegli anni era una specie più rara ed anche molto più bracconata.

L’elevato grado di protezione nazionale sembra essere spiegato dalla rarità a scala locale. Nonostante in Africa sia piuttosto diffusa, la popolazione italiana rappresenta un unicum in Europa, e così l’istrice può tirare un sospiro di sollievo: il suo status legale la vede elencata come specie protetta nella Direttiva Habitat, nella Convenzione di Berna e nella Convenzione di Washington.

Che ruolo ecologico svolge l’istrice all’interno dell’ecosistema?

L’istrice svolge un ruolo fondamentale nell’ecosistema, contribuendo alla dispersione dei semi e alla rigenerazione delle foreste. Scavando tane, inoltre, area il terreno e crea microhabitat per altre specie.

Non esiste specie senza un preciso ruolo ecologico. Qui sulla Terra l’orchestra funziona bene e solo ad uno spettatore attento è concesso di individuare lo strumento che ogni elemento porta sul palco.

Nel caso dell’istrice, per intuirne il valore ecologico, servirà una certa abitudine a fare le ore piccole! Questo perché il genere Hystrix si è evoluto in Africa, adattandosi alla presenza di diversi carnivori di grandi dimensioni come leoni e iene. Braccato da questi infallibili predatori ha sviluppato abitudini notturne e rifugge le notti di luna piena! Durante le sue scorribande al buio l’istrice vaga in cerca di tuberi, frutta ed altre parti vegetali. È in grado di ampliare il suo home range a seconda delle disponibilità di cibo ed il consumo dei tuberi sembra le abbia permesso di ridurre le necessità d’acqua, un adattamento utile in ambienti a clima arido. Quando è in cerca di cibo l’istrice scava buche precise e puntuali, rosicchia ciò che ha trovato e si dilegua. Fa ritorno alla sua tana, ovvero un cunicolo lungo ed articolato, scavato da zampe abili. Non di rado questa struttura è il risultato di un lavoro a quattro mani, al quale partecipano istrice e tasso! Soprattutto in contesti urbanizzati, dove le tane potenziali sono poche, capita che istrici, tassi, volpi ed altri mammiferi di media taglia si accontentino di condividere la medesima struttura sotterranea, limitando al minimo le interazioni.

Gli inquilini della suddetta abitazione, scavata nel bel mezzo del paese, potrebbero dare qualche grattacapo ai vicini umani: la volpe e la martora non resistono al richiamo del pollaio mentre il tasso punta dritto ai frutteti nei dintorni.

Ed invece quali danni aspettarsi da parte di un istrice affamato? Chiediamolo ad E.Mori.

Attualmente in Italia l’istrice entra in conflitto con le attività umane? Se si, perché?

Assolutamente sì, l’istrice in Italia entra spesso in conflitto con le attività umane.

Prima di tutto i danni alle colture: l’istrice si nutre di radici, tuberi, frutta, cereali e cortecce, spesso danneggiando le coltivazioni. Questo può portare a significative perdite economiche per gli agricoltori, soprattutto in zone dove l’istrice è particolarmente abbondante.

Inoltre, l’espansione dell’areale dell’istrice e l’urbanizzazione hanno portato a una maggiore coabitazione tra l’animale e l’uomo. Questo può causare problemi nei giardini, orti e frutteti, oltre che danni a strutture come recinzioni e muri, a causa dell’attività di scavo. Gli studi disponibili ci dicono che gli unici danni effettivamente riportati sono a carico di piccoli orti, mentre il danno economico agricolo è irrilevante.

A queste parole del dottor Mori segue una riflessione: con una certa frequenza si attribuisce la colpa delle razzie orticole al cinghiale, quando spesso c’è anche lo zampino dell’istrice! Il povero contadino di turno non intuisce l’identità del ladruncolo e potrebbe subire diverse incursioni senza far luce sul mistero. Con il tempo imparerà che tuberi e bulbi fiorali sono in pericolo se in giro c’è un istrice affamato! Fortunatamente per lui in ogni ecosistema che si rispetti esistono dei fattori che limitano la crescita demografica di ogni specie e tra questi ci sono i predatori. Consideriamo la teoria più probabile secondo la quale l’istrice rappresenta una specie introdotta storicamente: il suo “sbarco” in Italia ha comportato l’inserimento di un nuovo tassello nel mosaico fluido degli ecosistemi della penisola. L’istrice si è evoluto in determinati ambienti, abile a difendersi dai suoi storici predatori ed esperto nel procacciarsi il cibo preferito; oltrepassando il Mediterraneo è andato incontro a sfide misteriose per lei ma anche per le specie che l’hanno ricevuto a casa propria senza alcun preavviso.

I predatori locali erano pronti a questo estraneo? Anche in questo caso giriamo la domanda ad E.Mori.

Esistono predatori in Italia in grado di limitare le popolazioni di istrice?

I principali predatori naturali dell’istrice in Italia sono lupo e volpe ma solo occasionalmente. Il lupo è il predatore più temibile per l’istrice, sebbene la porzione di questo roditore nella dieta del carnivoro sia minima. Anche la volpe può predare occasionalmente cuccioli di istrice.

Queste osservazioni si basano sostanzialmente sulle analisi degli escrementi (si trovano escrementi con aculei). La predazione diretta è comunque difficile, è ipotizzabile piuttosto un consumo in seguito a road-kills.

Da questa risposta, e dalla poca letteratura scientifica in merito, si evince come il rapporto tra lupo e istrice in Italia resti piuttosto misterioso. D’altronde parliamo di due specie con una storia relativamente recente. Il lupo, pur non essendo scomparso del tutto dall’Italia, ne ha iniziato la graduale ricolonizzazione soltanto a partire dalla seconda metà del secolo scorso, mentre l’istrice, come detto in precedenza, è una probabile introduzione storica.

Le possibilità di osservare interazioni tra queste due specie sono poche e solitamente sono video realizzati con fototrappole. Un video pubblicato dall’Associazione “Io non ho paura del lupo” riprende un branco di lupi in movimento ed un istrice che cammina in mezzo ai lupi senza apparenti manifestazioni di paura o aggressività da parte di nessun membro di questa curiosa compagnia.

Non abbiamo elementi a sufficienza per definire chi l’avrebbe vinta tra lupo ed istrice, ammesso che lo scontro si verifichi. Questa eventuale dinamica preda-predatore è una sentenza che lasciamo ai posteri e ai loro studi di biologia ed ecologia.

Per ora limitiamoci ad ammettere che siamo proprio noi, esseri umani, degli efficaci predatori dell’istrice. La carne dell’istrice è considerata una selvaggina prelibata e così, nonostante l’elevato grado di protezione della specie, molti bracconieri si avventurano in cerca del roditore. Una volta individuata una tana abitata il gioco è fatto: una corazza di aculei, sebbene riesca a scoraggiare il re della savana, è completamente inutile davanti ad un fucile.

In merito al fenomeno della caccia fuorilegge chiediamo maggiori delucidazioni al dottor Mori.

Un istrice investito su una strada a basso scorrimento. Foto di Pietro Montemurro ©.
L’istrice è storicamente vittima di bracconaggio in Italia. Come si valuta, se si valuta, l’impatto che ha il bracconaggio sulle popolazioni?

Questa è una domanda difficile. Di sicuro non c’è modo di stimarlo. Prima che l’istrice fosse protetto era molto più raro di adesso; è presumibile che il bracconaggio avesse un ruolo importante.

Mori ci conferma che si tratta di un tema spinoso tanto quanto la specie protagonista dell’articolo; una pratica illegale perpetrata da sempre che elude il controllo delle leggi. Non esistono numeri di capi abbattuti utili a monitorare l’andamento delle popolazioni di istrice o stimare l’impatto sulle popolazioni stesse. Sta di fatto che la popolazione risulta in aumento demografico ed in espansione territoriale e forse questo sta avvenendo anche perché, da diverse decine di anni a questa parte, cacciare l’istrice è vietato dalla legge.

Se è vero che alcuni dettagli dell’espansione territoriale dell’istrice restano piuttosto oscuri, conoscendo la biologia e l’ecologia di questo animale si possono fare previsioni di una certa portata.

È quanto fatto in uno studio di Mori e colleghi (2018). Il focus della ricerca riguarda i possibili scenari di colonizzazione territoriale da parte dell’istrice alla luce del cambiamento climatico in atto!

Una coppia di istrici attraversa una radura sabbiosa sul Litorale Romano. Foto di Gianluca Damiani ©.
Cosa c’entra il Climate Change con l’istrice?

Il cambiamento climatico ha un impatto significativo sulla distribuzione e sul comportamento dell’istrice in Italia. Grazie all’aumento delle temperature medie l’istrice sta espandendo il suo areale verso nord, colonizzando zone precedentemente più fredde. Questo fenomeno è dovuto alla maggiore disponibilità di cibo e alla riduzione delle gelate, le quali in passato limitavano la sopravvivenza dell’animale nelle regioni settentrionali.

Il concetto ecologico di Idoneità di un Habitat, o habitat suitability, può essere utile a capire quanto detto dal dott. Mori. Ogni specie ha le sue esigenze ed in base ad esse ogni ambiente risulterà più o meno idoneo. Per quanto riguarda l’istrice, considerando le sue origini africane, è piuttosto intuitivo escludere dagli ambienti idonei quelli con temperature medie troppo basse o lunghi periodi di copertura nevosa: come farà l’istrice a sopravvivere al rigore invernale senza poter ricorrere alle sue abilità di scavatrice? Dove e come potrà cercare cibo o riparo? Le Alpi con il loro clima ostile hanno da sempre rappresentato una barriera all’espansione territoriale dell’istrice; fino ad oggi.

Il cambiamento climatico sta spostando gli equilibri. E, se cambia il vento, molte specie animali con popolazioni in salute e dall’elevata plasticità ecologica non si faranno scappare l’occasione di avventurarsi in ambienti inesplorati, alla ricerca di nuovi territori da colonizzare.

Tra i fattori che potrebbero favorire l’istrice sulle Alpi ci sono: l’aumento dell’isotermia (vale a dire il rapporto tra la temperatura media diurna e quella annuale) e la temperatura media dei mesi più secchi. A questi si somma il graduale aumento di quota della “linea degli alberi”, ovvero la quota massima alla quale è possibile trovare copertura forestale, la quale contribuisce all’habitat suitability per l’istrice. Infine, una riduzione della copertura nevosa e delle stesse precipitazioni nevose faciliterebbero le attività di scavo fondamentali per la sua sopravvivenza.

Considerando diversi possibili scenari di Global Warming la colonizzazione dell’istrice in Italia potrebbe risultare più o meno massiccia.

Ad oggi l’istrice in Italia occupa una porzione di territorio pari a 135.577 km2 ma stando agli studi di Mori e colleghi (2018) nel 2070 l’istrice potrebbe arrivare ad occupare fino a 225.576 km2 con aree di nuova colonizzazione dove storicamente l’istrice non era presente, proprio come le Alpi!

Previsione massima della potenziale distribuzione geografica dell’istrice (Hystrix cristata L., 1758) in Italia, effettuata sulla base di tutte le segnalazioni di occorrenza. I valori di probabilità predittiva, compresi tra 0 e 1, sono rappresentati in scala di grigi.

Abbiamo iniziato questo piccolo viaggio nel mondo dell’istrice chiarendo che ogni ecosistema non ha una biodiversità fissa e che lo scenario cambia con il passare del tempo. Ogni specie è costretta su questo tapis roulant e se non correrà a sufficienza il suo destino è di scivolare via!

In questo contesto sembrerebbe proprio che l’istrice in Italia stia correndo a grande velocità, più di tanti altri animali, verso tempi per lei felici!

Un istrice attraversa un piazzale illuminato nella periferia di Roma. Foto di Gianluca Damiani ©.
 

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Sitografia

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