
Intervista a Andrea Dominizi
Sappiamo tutti che coltivare una passione non è semplice. Ancora meno semplice è coltivare una passione in giovane età, quando mezzi e risorse sono limitati. Tuttavia, con impegno, ingegno e volontà, si possono sempre ottenere grandi risultati. Ce lo dimostra un giovane fotografo naturalista con molto talento e passione, che ha risposto ad alcune delle nostre domande: Andrea Dominizi.
Ciao Andrea! Esci vincitore dal Wildlife Photographer of the Year, la competizione di fotografia naturalistica più prestigiosa al mondo. Come è stata la tua esperienza lì e come ti senti dopo questo traguardo?
L’esperienza lì a Londra è stata veramente magnifica, moltissime emozioni ad ogni evento da loro organizzato, dagli aperitivi dove ho conosciuto moltissimi fotografi eccellenti ma soprattutto estremamente gentili e disponibili, fino alla premiazione, dove stavo morendo dall’ansia, ma della quale manterrò sempre un magnifico ricordo. Diciamo che non mi sento cambiato dopo questo traguardo, bensì con una prova in più che sto lavorando bene e che sto sicuramente sulla buona strada, su quello che è il mio percorso fotografico. Ah, e ovviamente dopo diversi giorni sono ancora felicissimo per questo incredibile riconoscimento.
Raccontaci qualcosa dello scatto premiato. In che contesto è stata scattata questa immagine?
La foto è stata scattata in una legnaia sui Monti Lepini, precisamente nelle zone di Montelanico. Ero andato lì con un amico per cercare cerambicidi in generale, dato che l’elevata quantità di legno morto li attira da quelle parti. Dopo tante ricerche infruttuose, trovo finalmente questo Morimus asper e dopo qualche scatto “classico” ci rendiamo conto dello sfondo che avevamo a disposizione: l’ambiente del nostro soggetto che stava venendo disboscato, e anche la macchina che stava venendo usata. Lì ho subito provato a fare questo scatto, e a quanto pare il risultato è stato ottimo.

La tua fotografia ritrae il delicato equilibrio tra uomo e natura. Il coleottero fotografato sembra quasi “cosciente” e “preoccupato” alla vista della ruspa. Che hai da dire a riguardo?
Con questa foto volevo proprio mostrare che anche animali meno “celebrati”, ossia quelli da noi più diversi, soffrono di questo grave e diffusissimo problema che è la perdita dell’habitat. Proprio a tale proposito, infatti, esistono diversi studi che mostrano come la maggior parte dei fondi per la tutela ambientale sono destinati a mammiferi e uccelli, con categorie che sono ancora meno considerate degli artropodi, come ad esempio i funghi.
Quanto è stata importante per te la conoscenza di altri fotografi e della community di WildIta nel tuo percorso da fotografo?
La conoscenza di WildIta, e di conseguenza della sua community (essendo ciò su cui si basa) è stata veramente fondamentale per il mio percorso fotografico. Prima solamente come luogo dove vedere scatti di persone con più tecnica di me, ma poi soprattutto per le persone che ho conosciuto tramite essa. Grazie a loro ho conosciuto spot fotografici, imparato tecniche e anche preso tante, ma tante, critiche, ma è stata proprio questa sincerità che mi ha aiutato moltissimo, e soprattutto ormai ho delle persone con cui condividere anche in maniera pratica quella che è la mia più grande passione.

Quanto è dura la vita di un giovane fotografo naturalista? Senza auto, senza grande indipendenza. Come riesci a gestire tutto questo?
Fare fotografia naturalistica essendo ancora minorenne è estremamente scomodo, sia per la difficoltà nel poter acquistare attrezzatura ma anche per gli spostamenti. Fosse per me sarei infatti limitato a scattare solo nelle campagne dove abito, che hanno si una loro biodiversità, ma purtroppo sono molto antropizzate. Anche per questo mi è stata fondamentale WildIta e le persone che ho conosciuto nella community: ogni uscita fotografica più “seria” è infatti con loro che la faccio, riuscendo così a rimediare passaggi, un aiuto pratico sul campo (che chi fa macro sa essere fondamentale), e soprattutto una piacevolissima compagnia.

Che genere fotografico preferisci di più, e perché?
Io faccio prevalentemente macrofotografia, soprattutto per questioni pratiche, ma diciamo che non ho preferenze sui soggetti, anzi adoro poter fotografare cose diverse quando ne ho l’occasione. Se devo però dare delle preferenze le individuerei in quelle che sono le tematiche e le caratteristiche stilistiche: mi piace moltissimo scattare fotografie che documentano un qualche fenomeno, in particolare se legato alla relazione con l’essere umano, ma allo stesso tempo mi piace moltissimo fare scatti meno “impegnati”, dove il focus più che sul significato è sull’estetica, cercando quindi un risultato più “artistico” e visivamente non convenzionale. In questo ultimo punto mi aiutano molto i vari film che vedo, dai quali traggo moltissima ispirazione per scatti che vorrei prima o poi realizzare.

Che sogni di fare “da grande”?
Eh, diciamo che non lo so ancora benissimo, o meglio, se devo parlare in maniera utopistica, direi che vorrei fare della fotografia la mia professione, e non necessariamente naturalistica, dato che sicuramente preferirei nettamente poter fotografare concerti piuttosto che dover stare chiuso in un qualsiasi ufficio, ma diciamo che sono consapevole dell’estrema difficoltà di questo desiderio. Se dovessi dire qualcosa di più “fattibile” quindi, forse opterei per un qualche lavoro nel campo della conservazione o della divulgazione (anche se ho anche il sogno piuttosto ingenuo di poter in qualche modo fare prima o poi qualcosa del mondo del cinema, altra mia grandissima passione).
Hai riflettuto sui tuoi futuri progetti? Che piani “fotografici” hai in mente per i prossimi anni?
Ormai è da circa un anno che vorrei provare a fare una sorta di reportage su quello che è l’ambiente dunale, e tutta quella che è la sua biodiversità e la sua fragilità, devo però organizzarmi per bene, avendo sempre il problema della poca autonomia. Oltre questo il mio principale obbiettivo ora come ora è di riuscire a legare i due aspetti che tendo a prediligere in una foto: una narrativa di tipo conservazionista (o informativa su un qualche fenomeno) ad un’estetica poco convenzionale come piace a me.
Un breve messaggio per i tuoi fan?
Oddio, fa molto strano leggere dei “miei fan”, e fa ancora più strano dovergli dire qualcosa, però in questo caso direi di vivere la natura, che sia fotografandola, dipingendola, facendoci solamente trekking, o girandoci dei corti sperimentali, ogni modo va bene, anche il meno convenzionale, basta che ci rendiamo conto di cosa abbiamo, e che ne traiamo il massimo beneficio (sempre ovviamente nel massimo rispetto possibile di essa).


