
di Luca Paoletti
Siamo spesso abituati a dire “vado al mare”… eppure è veramente così? Il più delle volte, quello che siamo portati a fare è limitarci a prendere il sole in spiaggia o fare un bagno sulla riva. Per molti, la superficie del mare rappresenta un muro invalicabile; eppure, anche uno sguardo poco attento può accorgersi che il mare nasconde un mondo straordinario e a noi ancora oggi poco conosciuto. Un mondo che solo nel Mar Mediterraneo vede la presenza di circa 17 mila specie diverse. Un bacino semi-chiuso che copre lo 0,82% della superficie oceanica mondiale ma che è riconosciuto come un hot-spot globale di biodiversità marina, ospitando oltre il 4% di tutti i taxa marini conosciuti, un enorme “acquario” dalla biodiversità dirompente.
Oggi vorrei accompagnarvi nel mondo della fotografia subacquea, passando attraverso quelli che sono alcuni concetti legati alla biologia marina. Questo perché la fotografia subacquea, come vedremo più avanti, comporta spesso un’interazione diretta tra il fotografo e le specie marine. Conoscere il loro comportamento aiuta ad assumere un corretto approccio fotografico e permette di ridurre lo stress che la nostra presenza può provocare.

Dal punto di vista degli organismi marini, l’uomo è un elemento estraneo all’ambiente marino. Un subacqueo, poi, tende ad avere una respirazione rumorosa, a rilasciare bolle d’aria e ad avere talvolta dei movimenti “scomposti”: tutti fattori che spaventano la fauna marina, percependo il subacqueo come un potenziale predatore sconosciuto, ma che allo stesso tempo ne destano una forte curiosità. Molti pesci, inizialmente diffidenti, tendono ad abituarsi alla presenza di un subacqueo dai movimenti lenti e dalla respirazione regolare, tanto da essere loro stessi, in un secondo momento, ad avvicinarsi. Un polpo in tana tenderà da prima a nascondersi, coprendo l’ingresso con sassi e conchiglie, per poi studiare la nostra presenza allungando le braccia verso di noi. Durante le uscite notturne molti organismi, come le seppie, vedono nelle torce dei subacquei un’enorme opportunità di alimentazione e la presenza dell’uomo passa quasi in secondo piano. Questi esempi non sono comportamenti universali, ogni individuo sarà più o meno incline a condividere del tempo in nostra presenza, ma ci aiutano a capire come un subacqueo possa essere percepito dagli organismi marini.

La conoscenza delle specie passa anche attraverso le loro abitudini alimentari. Alcuni dei soggetti preferiti dai fotografi subacquei sono i nudibranchi, molluschi gasteropodi particolarmente colorati. Le loro piccole dimensioni e lo spiccato mimetismo li rendono talvolta particolarmente difficili da osservare a occhio nudo. Eppure, sono specie che raramente si allontanano dalla propria fonte alimentare (alghe, spugne, briozoi, idrozoi, etc.) spesso molto più facile da individuare, tanto da far valere la regola: “trova la preda e troverai il predatore”.
I cicli riproduttivi, la stagionalità e le temperature favoriscono la presenza o la dominanza di alcune specie. Uno stesso ambiente cambia completamente volto in base alle abitudini diurne o notturne delle specie. il pomodoro di mare è una anemone tipico della fascia di marea che possiamo facilmente osservare tra gli scogli lungo la costa. Durante il giorno rimane retratto, assumendo una forma semisferica, ma durante la notte esplode in una miriade di tentacoli dal colore rosso acceso. Il mimetismo criptico poi in molte specie gioca un ruolo di fondamentale importanza. Ad esempio, molti granchi sono in grado di ricoprirsi con alghe, spugne e altri organismi per passare inosservati; mentre gli scorfani, tendono a mimetizzarsi con il fondale e a mantenere la propria posizione anche se ormai individuati, per poi fuggire via all’ultimo secondo.
Non è necessario fin da subito avere così tante conoscenze sulla biologia marina, ma acquisirle nel tempo ci permette di renderci conto della presenza di una moltitudine di specie che altrimenti potrebbero passare inosservate durante le nostre uscite subacquee.

L’attrezzatura fotografica
Purtroppo, se la fotografia terrestre è considerata costosa, quella subacquea lo è ancora di più, e ad alti livelli è spesso proibitiva. Questo perché per fotografare in acqua, sono necessari, oltre al corpo macchina e all’obbiettivo, una serie di accessori: uno scafandro con oblò in grado di proteggere la fotocamera e la lente, una coppia di flash in grado di illuminare correttamente il soggetto, dei cavi di sincronizzazione in grado di trasmettere il segnale dalla fotocamera ai flash, un sistema di staffe o “braccetti” che vanno a creare un’impalcatura che permette di muovere i flash, e l’uso di una torcia per facilitare la messa a fuoco.
I costi poi, possono aumentare in base alla tecnica utilizzata: la macrofotografia può comportare l’uso di lenti aggiuntive, mentre la fotografia ambientata, usando lenti grandangolari, porta a montare un dome (oblò semisferico). A questa spesa poi deve essere aggiunto anche il costo dei corsi di formazione, dell’attrezzatura subacquea e dell’uscita in mare.

Tuttavia, quando ci si approccia alla fotografia subacquea non è necessario avere un corredo fotografico particolarmente professionale. È possibile ottenere ottimi risultati anche con fotocamere entry level o compatte. Questo perché, sebbene con le dovute differenze, la fotografia subacquea sfrutta maggiormente bassi iso, tempi di scatto non particolarmente veloci (dovendo mantenere la sincronizzazione con i flash, a non più 1/250s) e scatti singoli (dovendo dare il tempo al flash di ricaricarsi, circa 1-2 secondi). Per fare un esempio, tutte le foto presenti in questo articolo sono state scattate con una fotocamera appartenente alla categoria delle “compatte”. Questo genere di fotocamere permette di ottenere dei risultati molti soddisfacenti nella macrofotografia, mentre fotocamere professionali sono più indicate per quei generi legati alla fotografa ambientata dove la gestione della luce diventa fondamentale.
Il costo è quindi un fattore che deve essere preso in considerazione fin da subito, ma non per spaventare ma per esserne coscienti. La fotografia subacquea può risultare un vero e proprio investimento su noi stessi e sulla nostra passione. Capire fin da subito dove vogliamo spingerci credo sia un requisito fondamentale. L’acquisto di una action cam potrebbe deludere le nostre aspettative ma l’acquisto di una fotocamera professionale potrebbe andare ben oltre le nostre capacità e necessità di utilizzo.
Le difficoltà legate alla fotografia subacquea
La fotografia subacquea passa inevitabilmente per delle conoscenze di base (iso, tempi di scatto, diaframma, etc.) spesso ereditate da un primo approccio legato alla fotografia terrestre. Eppure, questi due generi fotografici presentano notevoli differenze, dovute principalmente alle diverse proprietà ottiche della luce in aria e in acqua. L’indice di rifrazione della luce in acqua (1,33) porta gli oggetti ad apparire più grandi e vicini, avendo conseguenze anche sulla nostra attrezzatura fotografica, portando la lunghezza focale ad aumentare e l’angolo di campo a restringersi. Poi, nella colonna d’acqua, è spesso presente della sospensione o particolato, la cui presenza può aumentare la torbidità e ridurre la visibilità, andando a creare un effetto “pulviscolo”. Inoltre, all’aumentare della profondità, l’assorbimento della luce da parte dell’acqua induce una graduale perdita dei colori nello spettro del visibile. Portando alla perdita prima dei colori più caldi per poi arrivare a quelli più freddi, in una condizione di luce monocromatica associata al blu. Sebbene possa sembrare assurdo, il mare è pieno di colori ma noi non siamo in grado di vederli ad occhio nudo. Per questo, durante le immersioni è fondamentale l’uso della torcia e nella fotografia subacquea dei flash.
Tutte queste difficoltà costringono il fotografo a dover ridurre al minimo la distanza dal soggetto, perché anche la luce dei flash viene in parte assorbita. Una distanza eccessiva o un posizionamento sbagliato dei flash può portare a fotografie con fastidiose dominanti tendenti al verde o al blu/viola. Inoltre, la ridotta distanza e il corretto posizionamento laterale dei flash ci permette di ridurre il fenomeno di backscatter, ovvero la quantità di particelle sospese illuminate dai flash, che altrimenti potrebbero compromettere la foto.

Eppure, i problemi non sono ancora finiti, perché ancor prima di essere dei buoni fotografi è necessario dover essere dei bravi subacquei. In acqua possono essere presenti condizioni ambientali a noi sfavorevoli legate alle posizione del soggetto, alla presenza di correnti, alla quantità d’aria residua nella bombola, alla temperatura o alla scarsa visibilità. Ci troviamo in un ambiente tridimensionale dove è possibile “fluttuare” nella colonna d’acqua; tuttavia, assumere un corretto assetto neutro e una respirazione regolare sono due abilità che si raggiungono solo con il tempo. In assenza di stabilità, è facile introdurre nelle nostre fotografie fenomeni legati alla perdita della messa a fuoco o di micromosso. Avere coscienza di dove ci troviamo, cosa stiamo facendo e come possiamo muoverci ci permette non solo di ridurre al minimo il contatto con il fondale, e le specie ad esso associato, ma anche di evitare di portare in sospensione il sedimento. L’approccio deve quindi essere cauto, lento, privo di movimenti rapidi o di forti pinneggiate, con un respiro regolare e che tiene conto delle bolle d’aria. Movimenti sbagliati possono essere percepiti come pericolosi sia da quegli organismi la cui vista è solitamente ben sviluppata, come i pesci, sia da quegli organismi che ne sono privi, come molti invertebrati, ma che sfruttano i cambiamenti ambientali su scala locale (corrente, molecole, luce, vibrazioni etc.) per percepire l’ambiente che li circonda. Molte specie marine sono poi fotosensibili e l’uso della torcia con movimenti sbagliati può portarli ad allontanarsi o ritrarsi, allo stesso modo un uso prolungato dei flash può portare a una condizione di forte stress o di danno fisiologico.

Nella fotografia subacquea non è possibile sfruttare teleobiettivi per fotografare a grandi distanze come avviene nella fotografia terrestre. Se l’uso dello scatto a raffica sulla terraferma ci permette di congelare il momento con un certo margine di errore, questo non è altrettanto vero per la quasi totalità delle tecniche fotografiche subacquee. Il numero di scatti che possiamo fare è in funzione dei tempi di ricarica dei flash (solitamente due secondi), e questo può portarci spesso a perdere l’attimo. Nella fotografia subacquea siamo quindi portati maggiormente a ragionare sul come e quando fotografare. Come abbiamo visto, l’attesa può essere un nostro alleato ma ci troviamo in un ambiente in cui di tempo però non ne abbiamo: solitamente un’immersione ricreativa ha la durata di un’ora. Ciò che può aiutarci è il sapere dove e cosa mettere a fuoco. Per ottenere una percezione più tridimensionale del soggetto dobbiamo porci al suo stesso livello, per poi mettere a fuoco l’occhio, come nel caso dei pesci, dei crostacei o dei cefalopodi. Quando invece ci troviamo a fotografare nudibranchi possiamo usare come riferimento i rinofori, appendici sensoriali poste sul capo; negli anemoni, quando visibile, possiamo utilizzare il disco orale, la regione centrale dove si sviluppa la bocca circondata dai tentacoli; nello spirografo il ciuffo branchiale; nei coralli e nelle gorgonie possiamo sfruttare il loro scheletro. Per quanto possa sembrare strano lo studio e l’allenamento, anche attraverso l’uso di sagome in casa, può aiutarci a migliorare notevolmente le nostre capacità. Le migliori foto sono quasi sempre il risultato di un’esperienza costellata di tante prove ed errori.

Conclusioni
Questa rapida introduzione al mondo della fotografia subacquea potrebbe portare alcuni di voi a convincersi che continuare a prendere il sole sulla spiaggia non sia una cattiva idea, e in parte non potrei darvi torto. Però, il mare racchiude in sé una bellezza che non è possibile ritrovare altrove. Con le immersioni rompiamo quel muro invisibile fatto di paura dell’ignoto ed entriamo in un mondo sconosciuto ai nostri occhi e troppo spesso considerato distante, lontano dai nostri interessi. Eppure, è così vicino e intimamente connesso con la nostra vita. Un ambiente in cui siamo circondati da un’esplosione di vita, unica, affascinante, il più delle volte stravagante ma che una volta scoperta difficilmente sarà possibile dimenticare.
Bibliografia
- Bianchi, C. N., & Morri, C. (2000). Marine Corps biodiversity of the Mediterranean Sea: Situation, problems and prospects for future research. Marine Pollution Blletin, 40(5), 367–376.
- Coll, M., Piroddi, C., Steenbeek, J., Kaschner, K., Ben Rais Lasram, F., Aguzzi, J., Ballesteros, E., Bianchi, C. N., Corbera, J., Dailianis, T., & others. (2010). The biodiversity of the Mediterranean Sea: Estimates, patterns, and threats. PloS One, 5(8), e11842.


